Shibatarian

Bisogna comunque distinguere le 2 cose.

Da una parte il marketing, che ormai a certi livelli da addirittura fastidio (parlo per me) o finisce per scadere nel ridicolo.

Ad ascoltare gli editori (tramite i loro rappresentanti) pare che ogni fumetto scelto sia figlio di una certosina selezione da cui emergono solo opere di grande qualità quando al più si tratta di opere semplicemente "adatte" a vendere tot nel mercato italiano.

Ovviamente capisco che si debba "vendere" ma se si esagera con le autocelebrazioni, non di rado spalleggiate da terze persone "estranee" all'editoria, il risultato che si ottiene è il contrario.


Altra cosa è la valutazione di opere che pur non rappresentando chissà quali picchi dell'arte umana hanno i meriti, in un ambito "pop" come quello del fumetto seriale nipponico (non "autoriale"), di rompere certi schemi e di provare (riuscendoci o meno) a proporre qualcosa di diverso.
Atteggiamento che non necessariamente si traduce in qualità ma che di cui va almeno riconosciuto lo sforzo e la voglia di non stare sempre legati ai classici stilemi, narrativi in primis, che il pubblico recepisce più facilmente.

Ripeto, al di là della qualità dell'opera, al di là del giudizio soggettivo personale, ben vengano uno Shibatarian che magari deve essere un po' spinto per evitare che il lettore comune si soffermi ad una sola impressione iniziale, piuttosto che farsi trascinare da opere molto più banali, seppure ben fatte secondo gli stilemi di cui sopra, come un Kanji8 o uno Demon Slayer o il prossimo "successo già scritto" Kagurabachi, la cui lettura sarà magari un piacevolissimo modo per passare il tempo ma di cui non resterà nulla a livello a livello per così dire "artistico" (a differenza di quello "economico") nella storia del fumetto.

Azzardo un'ipotesi.

Perchè forse, non certo sempre ma spesso, i titoli che per così dire "vendono" sono quelli che poi valuti/tiamo da 6,5/7.

Titoli magari "facili" da leggere, e che con maggiore facilità entrano nel giro del passaparola o più semplicemente dell'effetto "moda", coinvolgendo nell'acquisto un pubblico più ampio.

E comunque trovo il "voto" è uno strumento allo stesso tempo facile dato che trasmette istantaneamente (e superficialmente se ci si limita al mero numero) il pensiero di chi lo da; ma anche estremamente riduttivo dato che non esistono, perdonatemi l'esagerazione, una sorta di insieme di leggi scritte a cui arrivarci e dunque contaminabile da tanti fattori (soggettivi e non).

Ad esempio il voto, per me, deve tenere in considerazione anche una serie di aspetti collegati, primo fra tutti il "tipo" di opera.

Un fumetto "popolare" per il grande pubblico può essere un titolo da 7, ma nel suo ambito specifico essere anche un fumetto "perfetto" e quindi da 10.

Così come uno splendido fumetto autoriale, a livello generale può essere visto dalla massa dei lettori come qualcosa di non interessante o peggio, magari finendo per meritarsi a stento una sufficienza.

E' il solito discorso del pubblico, dei gusti, degli interessi, ma anche della, uso un termine forzato, cultura che possiede.

Beh si è possibile che un editore attraversi periodi meno diciamo "riusciti" di altri, anche se poi il riscontro è nelle vendite.

Sui meccanismi delle singole scelte e come vengono operate all'interno di ogni casa editrice non provo neanche a fare supposizioni, sono troppo fuori da quel mondo.

Comunque anche per jpop ci sono titoli "controversi" nei giudizi, Frieren tanto per dirne uno recente.